Come mai è così difficile cambiare? La risposta è nell’abitudine del nostro cervello a creare e a seguire schemi.

Ognuno di noi ha solitamente molti più schemi di quelli che pensa di avere: dalle routine del mattino per la colazione, al posto a tavola in cui si mangia in casa alla sera, fino a quale doccia usare in palestra.

Seguire schemi è un’abitudine ecologica, ma rischia di ostacolare il cambiamento.

Il cervello è l’organo del nostro corpo che consuma più energia e gli schemi riducono sensibilmente questo consumo. Se non avessimo questa caratteristica saremmo come uno smartphone senza la funzione stand by: alle 10 del mattino saremmo scarichi. Per fortuna quindi che il nostro cervello segue schemi.

Questa funzione così utile però rischia di essere anche la barriera al pensiero creativo, alla sperimentazione di nuove cose. Gli schemi sono una comfort zone, dei nostri schemi conosciamo tutto e, anche se ci portano ad emozioni spiacevoli, sappiamo come muoverci. Sembra che il nostro cervello ami ciò che già conosce e questo da un punto di vista evoluzionistico può avere la funzione di proteggerci dall’ignoto e dai rischi connessi. Ecco perché quando proviamo a cambiare una routine, il nostro cervello resiste. 

Allora cosa possiamo fare per cambiare?

Avrete notato che non abbiamo un pulsante reset o la funzione cestino per cancellare uno schema. Questo significa che l’unica cosa che possiamo fare è sovrascrivere un nuovo schema a quello pre-esistente. In altre parole, cambiare significa apprendere un nuovo schema.

Da un punto di vista cerebrale, gli studi neuro-scientifici ci aiutano a capire cosa aiuta l’apprendimento. Coinvolti nel processo di apprendimento ci sono due organi: l’amigdala e l’ippocampo. L’amigdala, oltre a regolare le emozioni, ha anche la funzione di registrarle. Quando sentite ad esempio una canzone che vi ricorda una magica estate e riprovate una intensa emozione, tutto ciò succede perché l’amigdala ha registrato il tutto.

L’ippocampo, invece, è il “magazziniere” che cerca nella memoria di breve periodo cose da portare in quella di lungo periodo. Solo pochi degli stimoli con i quali siamo bombardati giornalmente, viene portato nel nostro hard disk cerebrale di memoria e questa scelta viene fatta proprio dall’ippocampo.

L’ippocampo sceglie solitamente con due criteri. Il primo è quante volte viene ripetuta una cosa. Se le ripetizioni sono frequenti allora ecco che questa informazione viene portata nella memoria conscia di lungo periodo. Questo principio è alla base dell’allenamento sportivo o dei compiti a casa. Vuoi imparare? Ripeti. 

Ci sono emozioni che facilitano il cambiamento

Quando la ripetizione genera emozioni spiacevoli, come noia o frustrazione, ecco che l’amigdala va ad interferire col funzionamento dell’ippocampo. Le emozioni spiacevoli sono nemiche dell’apprendimento. Questo è vero in azienda e anche a scuola. Le emozioni, quindi, influenzano il cambiamento.

L’altra cosa che attiva l’ippocampo è la curiosità. L’ippocampo è attratto da cose inusuali. Per questo motivo, le persone ricordano poco le definizioni scritte nelle slide o le sequenze ininterrotte di tabelle e molto di più uno story telling che crei una curiosità. D’altro canto il raccontare storie per appassionare è una caratteristica che ha sempre caratterizzato gli esseri umani.

Quindi se vogliamo supportare il cambiamento nostro e delle persone nel nostro team abbiamo bisogno di ripetere, mantenere l’attenzione sulle emozioni e cercare di creare una scintilla di curiosità.